1903 .240

Il disegno per il giardino di Villa Melchiorri a Ferrara, la scelta degli elementi vegetali e la composizione delle superfici ha cercato di avvicinarsi alla cultura botanica del fare i giardini che può avere ispirato l’aspetto originario del giardino della villa negli anni successivi al 1903. Nel proporre una continuità tra le aree che lo formano, la composizione di queste, intesa come sviluppo di stanze, si è affidata esclusivamente a scelte botaniche e compositive.

  Nelle prime due stanze prospicienti il prospetto principale della villa, il disegno introduce la costante monoculturale di due specie botaniche quale primo livello del piano di piantumazione; da esso vengono fatti emergere episodici accenti -come vengono chiamate in letteratura le singole piante emergenti- che permettono alle bordure di accordarsi, richiamandosi l’un l’altra, all’insegna dell’unità d’insieme del progetto. Oltre queste due aree, una terza stanza si apre su un’ampia superficie prativa bordata da due siepi, una semplice e informale lungo il confine a Ovest e l’altra doppia e selvatica a Est, capace di fondere il proprio profilo con la vegetazione esistente oltre il confine, espandendo in tal modo il senso della spazialità del giardino.

  Le specie botaniche scelte per il progetto sono sempreverdi e decidue, piante queste che perdono le foglie durante la stagione invernale dando progressivamente vita alla presenza del colore attraverso l’autunno e l’inverno grazie all’interesse della struttura dei propri steli e delle corolle ancora cariche dei semi. Il mutare dell’aspetto delle specie botaniche è dunque una cifra del progetto. Il disegno del giardino si concentra sui piani di piantumazione ovvero sullo studio delle aree da destinare alla vegetazione e sulla composizione delle specie botaniche.

  Nella storia del giardino le piante hanno spesso deciso il carattere del giardino prima ancora che lo facesse la sua forma, per il portato immaginifico che le possibilità botaniche introducevano una volta ampliatasi la cultura delle opportunità estetiche delle diverse specie. Il tempo di Villa Melchiorri era quello del giardino delle erbacee perenni e degli arbusti dal carattere selvatico che accompagnavano lo sguardo nell’arco dell’intero anno. La scelta di alcune piante decidue per il giardino fonda la propria ragione in una cultura che attraverso il secolo scorso è giunta a noi rinnovata di significato. Le specie sempreverdi ottemperano ai bisogni di una consuetudine estetica che, nella dimenticanza delle rivoluzionarie idee esposte da William Robinson e altri, pone l’attenzione sulla forma ed il colore dei fiori appena sbocciati e la presenza costante delle foglie durante la stagione invernale all’insegna di una congelata bellezza che non si pone in dialogo alcuno con le ragioni naturali del giardino. La pianta viene così intesa esclusivamente nel suo stato primaverile o nella sua durata invernale funzionale a mascherare un intervallo temporale colto come mancanza di vita in giardino. Questa visione era già stata scardinata, nel passaggio tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, dall’emergere di un’intelligenza del mondo naturale guidata da una sensibilità verso la vita della pianta nella sua interezza quale mimesi di ciò che accade alla nostra vita e quale apertura nei confronti di un’esperienza estetica di maggior respiro cui risultava ormai irrinunciabile la nuova gamma di possibilità formali e cromatiche fino ad allora rimaste inesplorate e inespresse.

  Per decenni tale cultura del giardino novecentesco si è perduta fino al momento in cui, verso gli anni novanta del secolo scorso, una rinnovata urgenza ecologica emersa in Olanda, Francia e Germania ha ridato voce a quella sensibilità di cento anni prima ed è diventata in breve tempo il segnavia di un’attitudine pressoché imprescindibile da parte di un paesaggista.


gennaio .239

 "il bello dei giardini è sentirne parlare" diceva

Il tempo Il disegno Le piante .237

Il tempo Il disegno Le piante è il breve libro che raccoglie alcuni pensieri sul tempo quale strumento del progetto: sono le immagini nate nelle passeggiate ad Hampstead Heath, espresse poi nel progetto del Bosco Claudio Abbado di Ferrara e sono quindici anni, dal 2007 in cui ho visto per la prima volta i boschi in città, al momento in cui raccolgo questi pensieri.

Un'idea, il suo sviluppo e la realizzazione di un progetto.

Il giardino è giardino da lontano .236

Mi sono accorto di qualcosa cui non avevo mai pensato. E’ stato qualche giorno fa.
Qualcosa che non è possibile decidere durante il progetto, o meglio, possibile, se sei davvero bravo. Quindi qualcosa di cui mi sono accorto non per esperienza, ma per quegli accordi che a volte accadono. 
Ero nel giardino appena realizzato per Palazzo Schifanoia a Ferrara. E' stata la piega di un ramo di un albero e ciò che veniva a formarsi sotto di esso. E' qualcosa di non progettato da me e qualcosa da me disegnato senza considerare in alcun modo un rapporto con quel ramo. Una sorta di opportunità progettuale emersa in tutta la sua evidenza a posteriori, oppure, un frammento di possibile progettazione di cui tenere conto, per la bellezza dell'esperienza, per un nuovo progetto di giardino.  

   Come se si potessero staccare riquadri di giardino e liberamente comporli in nome della bellezza, appunto, che li caratterizza. Una progettazione che si orienta intorno a frammenti di bellezza indipendente dalla specificità delle condizioni fisiche di un giardino nascente. Ho pensato che si dovrebbe progettare in questo modo: comporre le combinazioni possibili degli elementi vegetali e non vegetali ed inserirli nello spazio del futuro giardino. Una sorta di progettazione per via di prefigurazione degli elementi di cui il giardino potrebbe comporsi. Frammenti predefiniti di un paesaggio costantemente emozionante che può comporsi ovunque data la disponibilità dell’animo a commuoversi.

   E allora gli elementi sono la luce di un'ora e le foglie di qualche essenza che potrebbero porsi davanti a quella luce, e certo la luce del mattino. E allora si torna a ciò che scrivevo in Garden me anni fa al ritorno da un pomeriggio ad Hampstead Heath. Era il giardiniere che è eredità del giardino. 
Insomma erano le frasi scritte di Richard Long per tutta la cultura che l'uomo riesce a cedere, accostare, porre ai propri piedi, in nome di qualcosa che accade davanti, da un passo all'altro, in questa lunghezza che misura quanto la gratitudine di cui si colma l'aria che sorregge quel passo.  

   Ipotizzare quindi frammenti di progettazione, veri di per se stessi, dove le condizioni in cui il bello può accadere, normalmente generate dalla casualità, diventano condizioni predisposte per una progettazione che di quella casualità si nutre come di un segnavia nel rintracciare sul terreno le opportunità fisiche delle condizioni che andranno a dare vita al giardino.

   E allora il giardino è sempre lo stesso, un Giardino solo. Il giardino è fatto di viste e allora il giardino è giardino da lontano. Ecco, mantenere questa lontananza, mentre si progetta sul foglio di carta e allora raccontare con la matita il giardino che si ha in mente in quel ramo che si piega insieme a qualcosa che è sotto. 
La porta di legno di Smiljan è la porta, l'albero di ferro di Chillida è l'albero. Mantenere questa distanza è permettere al giardino di uscire dall'area che ho nel foglio e cominciare davvero come un giardino. Mi piacerebbe riuscire ad esserne in grado.


un giardino per Palazzo Schifanoia a Ferrara .235

Una pergola esce dalla prima pagina del quaderno.

Un disegno preparatorio per il Giardino di Palazzo Schifanoia a Ferrara.

E' davvero strano come dopo 500 anni ci sia ancora il disegno all'origine di un giardino.

Perchè era nello stesso luogo che qualcuno ha disegnato le campiture da destinare a prato davanti al palazzo. Disegno perduto.

Su quel disegno uscito da un foglio, hanno passeggiato alcune delle più belle menti del Quattrocento, ragionando di quanto semplice potesse essere far dialogare la chiesa d'Oriente e quella d'Occidente. Così difficile fuori del giardino.

Qui avrà passeggiato un divino pittore ed il suo allievo che guardava dalla finestra per il mattone pieno di sole come la roccia di Vulcano del mese di Settembre.

Ora è Settembre ed il giardino termina il proprio cantiere sotto la tutela di Efesto come era cominciato a Marzo quando Atena lo aveva accolto per la prima volta.

Nomi di dei, come altrettante cause per sottrarre alla casualità gli eventi esterni e i moti interni all'uomo, dalla tempesta che lo investe sul mare, ai pensieri nella sua mente. La pura casualità non poteva darsi, allora ancora assurda per la mente, così gli dei vengono fatti assomigliare a noi.

Poi lo studio del cielo si stacca dal puro cielo per parlare dei pianeti e di noi, e ben presto i pianeti vengono fatti assomigliare agli dei e ne prendono i nomi. Per secoli... fino a che, in un salone di un palazzo ricompaiono, ma sotto una veste nuova, strabiliante.

Sono di nuovo gli dei a farsi presenti nel 1470, quando la letteratura antica ha ormai sedotto al bisogno di una familiarità con gli dei della narrazione che non poteva più sufficientemente essere affidata al cielo. C'è qualcosa in più nella ricchezza tutta umana che gli dei incarnano rispetto alle sfere celesti, il volto stesso scelto per riconoscerli è di un'amica o di un cortigiano presi a modelli.

E' incredibile pensare al fatto che un pittore si sia domandato, di nuovo, dopo secoli: "Quale volto dare a Atena?" e quelli erano i primi anni in cui ciò accadeva.

Sono passati 500 anni ed il giardino è lì; la sua misura, la sua forma, cambiate, è ancora un giardino. Affidato alla stessa gioia, fiducia, facilità con la quale alcune questioni potrebbero essere risolte, allo stesso incessante lavoro, la stessa capacità di condurre il lavoro, l'identica attesa, paura, incessante desiderio senza rete di funambolo che a Marzo sovrintende il mese della Giustizia che tende le corde senza spezzarle, al massimo della capacità umana di tenere insieme le cose, per le quali il giardino diviene il luogo in cui tutto questo appena scritto si ritempra.

Palazzo Schifanoia è tornato ad avere un giardino, dopo tanto tempo, e questo mi fa impressione.

il giardino di Palazzo Schifanoia .234

E' tanto tempo che non scrivo. Fra qualche giorno comincia il cantiere del giardino di palazzo Schifanoia. Schifanoia è il luogo sacro dove nel blu che tiene insieme tutte le nostre paure passa la luce della ragione che ci tiene insieme tutti. Il giardino è un sesto del giardino su cui il palazzo si specchiava nel Quattrocento. L'emozione di disegnare questo un sesto. Parlo, nella fascia che si accosta a queste pagine con la mia breve biografia, di un seme di mela piantato nel giardino della scuola materna. Alberi in espallier, alberi di mele, alberi di pere, alberi di susine... Wilhelm Kempff suona Bach, ora... il blu... che quel blu ci accarezzi sempre

Up the Garden Path .233

Un'amica mi chiede di presentare un libro ed ecco cosa ho pensato:

Up the Garden Path
A little anthology

Laura Stoddart
1999
Orion Publishing Group Ltd, London

  Un libretto illustrato dedicato alla casa ed al giardino con splendidi acquerelli e frasi tratte dalla letteratura, in cui compare un giardino verde azzurro ed una casa di carta, una casa in assonometria, una in filigrana che si apre ad un altro giardino fatto di fiori piu grandi delle persone, che sono anche piu' piccole dell'annaffiatoio e del rastrello lasciato vicino ad un libro su cui ci si puo' sdraiare, accanto ad un orto -in un'altra pagina perche' in quella di prima non ci sta- ed un campo da tennis, una magnolia dalla quale un uomo non sa staccare gli occhi e frasi come questa dalla Ballata Sonnambula di Federico Garcia Lorca: "Verde que te quiero verde. Verde viento. Verdes ramas.".

"garden me" / A writing about a wished frontier for the natural gardening

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Ecological Planting Design

Ecological Planting Design

Drifts / Fillers (Matrix) / Natural Dispersion / Intermingling with accents/ Successional Planting / Self seeding
What do these words mean? Some principles of ecological planting design. (from the book: "A New Naturalism" by C. Heatherington, J. Sargeant, Packard Publishing, Chichester)
Selection of the right plants for the specific site.
Real structural plants marked down into the Planting Plan. The other plants put randomly into the matrix: No. of plants per msq of the grid, randomly intermingling (even tall plants). Succession through the year.
Complete perennial weed control.
High planting density. Close planting allows the plants to quickly form a covering to shade out weeds.
Use perennials and grasses creating planting specifications that can be placed almost randomly.
Matrix: layers (successional planting for seasonal interest) of vegetation that make up un intermingling (random-scattering) planting scheme: below the surface, the mat forming plants happy in semi-shade, and the layer of sun-loving perennials.
Plants are placed completely randomly: planting individual plants, groups of two, or grouping plants to give the impression of their having dispersed naturally. Even more with the use of individual emergent plants (singletons) that do not self-seed, dispersed through the planting.
An intricate matrix of small plants underscores simple combinations of larger perennials placed randomly in twos or threes giving the illusion of having seeded from a larger group.
The dispersion effect is maintained and enhanced by the natural rhythm of the grasses that give consistency to the design. They flow round the garden while the taller perennials form visual anchors.
Allow self-seeding (dynamism) using a competitive static plant to prevent self-seeders from taking over: Aruncus to control self-seeding Angelica.
Sustainable plant communities based on selection (plants chosen for their suitability to the soil conditions and matched for their competitiveness) and proportions (balance ephemeral plants with static forms and combinations such as clumpforming perennials that do not need dividing: 20% ephemeral, self-seeding plants, 80% static plants) of the different species, dependent on their flowering season (a smaller numbers of early-flowering perennials, from woodland edges, which will emerge to give a carpet of green in the spring and will be happy in semi-shade later in the year, followed by a larger proportion of the taller-growing perennials which keep their form and seed-heads into the autumn and the winter).
Year-round interest and a naturalistic intermingling of plant forms.
Ecological compatibility in terms of plants suitability to the site and plants competitive ability to mach each other.
Working with seed mixes and randomly planted mixtures.
Perennials laid out in clumps and Stipa tenuissima dotted in the gaps. Over the time the grass forms drifts around the more static perennials and shrublike planting while the verbascum and kniphofia disperse naturally throughout the steppe.
Accents: Select strong, long lasting vertical forms with a good winter seed-heads. Select plants that will not self-seed, unless a natural dispersion model is required.
Planes: if designing a monoculture or with a limited palette, more competitive plants may be selected to prevent seeding of other plants into the group.
Drifts: to create drifts of naturalistic planting that are static in their shape over time use not-naturalizing, not self-seeding, not running plants.
Create naturalistic blocks for the seeding plants to drift around. For the static forms select plants that do not allow the ephemerals to seed into them.
Blocks: use not-naturalizing species, in high densities, in large groups.
Select compatible plants of similar competitiveness to allow for high-density planting (to enable planting at high density in small gardens).
Achieve rhythm by repeating colours and forms over a large-scale planting.