Punica granatum / melograno .64

Anemone x hybrida 'Honorine Jobert' .63

Sfoglio il libretto di un cd di quartetti di Mozart e Haydn.

   I loro ritratti sono di un giovane ed un anziano, Mozart e' il giovane. Non e' mai giunto alla vecchiaia, ne' alla maturita' quando gli occhi guardano sicuri chi li ritrae. Quasi sempre di profilo, quasi non fosse mai veramente stato ritratto da qualcuno presente. Qualcuno ne ha disegnato i tratti ed ecco abbiamo il suo ritratto. In tempi che in sordina dettavano le coordinate di una liberta' molto piu' ampia di quanto mai prima, lui e' ritratto per lo piu' al lavoro, al clavicembalo intento a musicarla. Tranne un profilo, quello forse piu' veritiero, piu' brutto, dove guarda dritto davanti a se', sperso... che si muove nelle pagine de La resurrezione di Mozart... Mozart. Mozart.

   Gli sarebbero piaciute le anemoni del Giappone sbocciate questo inizio autunno in giardino, bianchi petali e gialli stami e chissa' chi era Honorine, un bel nome, un adagio, un andante cantabile, allegro molto, a seconda.


abbassarsi .62


Da quando gli inglesi hanno spazzato via il teatro dal giardino per comprendere la Natura -quella con la N maiuscola, un po' meno coltivata di quella con la n minuscola- rendendo tutto cio' che succedeva davanti ed intorno un luogo gioioso, il giardiniere e' diventato il designer. O meglio il designer ha dovuto rimboccarsi le maniche ed imparare come si pianta un albero.

   Il poeta inglese del '700 Alexander Pope scrive un'epistola: Epistle IV, to Richard Boyle, Earl of Burlington, dedicata al proprio amico cultore dell'architettura del Palladio. La lettera e' conosciuta da tutti i giardinieri e garden designer, che l'Inghilterra fa crescere nei propri giardini, per alcune righe:

"Consult the genius of the place in all;
   That tells the waters or to rise, or fall;
   Or helps th' ambitious hill the heav'ns to scale,
   Or scoops in circling theatres the vale;
   Calls in the country, catches opening glades,
   Joins willing woods, and varies shades from shades,
   Now breaks, or now directs, th' intending lines;
   Paints as you plant, and, as you work, designs."

   ... e di queste: genius of the place.

   Per chi studiava in una facolta' di architettura dagli anni '80 in poi questa espressione - veicolata da una importante pubblicazione e, nel frattempo, ritornata alla sua origine latina genius loci- era il pudico filo rosso delle accese discussioni tra amici oppure l'ultimo chiavistello dello studente per cambiare le sorti di un esame penoso.

   Il "Genio del luogo", lo "spirito del luogo" e' il carattere proprio di un luogo fisico, diverso da quello di ogni altro luogo fisico, con il quale noi entriamo in relazione ed al quale la nostra stessa identita' e' affidata.

   Portare rispetto a tale carattere, da parte di uno studente di architettura, non era doveroso, bensi' essenziale perche' la sua stessa identita' non si disperdesse nell'incapacita' di rintracciarsi in luoghi non piu' riconoscibili... mi viene da pensare che qualsivoglia luogo non sarebbe, nel corso del tempo, piu' riconoscibile persino a se stesso, se avesse almeno un paio dei nostri sensi e che dunque non esista uno spirito del luogo, ma solo la nostra urgenza di coglierne uno nell'immediato presente... e' ovvio, il che e' lo stesso che dire che un luogo ha un suo spirito... Quella riflessione e' dunque davvero fondamentale e, seppure sottratta ora alla sacralita' biografica dei vent'anni, resta un punto fondamentale nell'approccio alla lettura della realta' fisica in cui viviamo, cui davvero la nostra identita' e' affidata.

   Non un carattere che detti univocita' di forma per il progetto, ma un carattere che interroghi il progettare stesso in quel luogo. Nessun determinismo formale, bensi' ricerca. La descrizione e l'emergenza del segno... che meraviglia...

   Era il mondo delle metropoli cui si faceva riferimento e della campagna inondata di case e capannoni industriali contro le sedimentate e riconoscibili forme delle citta' storiche e delle architetture che entro esse cercavano, dal secondo dopoguerra in poi, un dialogo... penso alla studentessa cinese che al professore che le chiede perche' ha disegnato un grattacielo di 150 piani in Piazza Tienanmen, risponde: "Perche' c'e' posto...". Era il master di architettura alla Bartlett School of Architecture di Londra dove un cinese va con il suo peso di almeno 20 anni di pressione psicologica nella scalata al successo. 

   "Paints as you plant, and, as you work, designs." "Dipingi come pianti e, come lavori, disegna.", che puo' anche leggersi: "Dipingi mentre pianti e, mentre lavori, disegna.". Cosi' a Pope premeva la necessita' di un'intelligente interazione con la Natura, il cui canto i maleodoranti fumi delle ciminiere cominciavano a tradurre. Genius loci, dunque... ogni volta che siamo allarmati da qualcosa, sia essa la Rivoluzione Industriale, sia essa la rivoluzione del mercato globale con le sue citta'-infrastrutture.

   Il garden designer che abbia appreso a progettare sentendo il tratto scorrere sulla zolla di terra senza interruzione di continuita', interagisce con la natura in modo intelligente, tutto qua. Ecco perche' il designer ha dovuto rimboccarsi le maniche, abbassarsi, si' abbassarsi, perche' portare una cariola carica di letame ben macerato e' abbassarsi per chi non l'ha mai fatto e non ha la cultura che viene dall'istruzione alla bellezza artigianale dei mestieri.

   E allora mi viene in mente una canzone di Yves Montand, Planter cafe':

Planter café, c'est pas pour les gens fragiles
Y'a qu'a se baisser mais c'est ça qui est difficile
Fait chaud l'été, le soleil pèse des tonnes
Y se fait porter et c'est trop pour un seul homme

Le patron dira ce qu'il voudra, mon sommeil est à moi

Rêver café, je ne connais rien de pire
Pour m'énerver, ça m'empêche de dormir
Porter café jusqu'au ventre des navires
Y'a qu'a en grimper et faire semblant de sourire

Ton métier contre le mien mais surtout je te préviens

Planter café, c'est pas pour les gens fragiles
Y'a qu'a se baisser mais c'est ça qui est difficile, difficile, difficile.

Guido Cavalcanti .61


In un boschetto trova’ pasturella
più che la stella – bella, al mi’ parere.

   Cavelli avea biondetti e ricciutelli,
e gli occhi pien’ d’amor, cera rosata;
   con sua verghetta pasturav’ agnelli;

scalza, di rugiada era bagnata;
   cantava come fosse ’namorata:
er’ adornata di tutto piacere.

   D’amor la saluta’ imantenente
e domandai s’avesse compagnia;
   ed ella mi rispose dolzemente
che sola sola per lo bosco gia,
   e disse: «Sacci, quando l’augel pia,
allor disïa ’l me’ cor drudo avere».


   Po’ che mi disse di sua condizione
e per lo bosco augelli audìo cantare,
   fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione
di questa pasturella gio’ pigliare».
   Merzé le chiesi sol che di basciare
ed abracciar, se le fosse ’n volere.

   Per man mi prese, d’amorosa voglia,
e disse che donato m’avea ’l core;
   menòmmi sott’ una freschetta foglia,
là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore;
   e tanto vi sentìo gioia e dolzore,
che ’l die d’amore mi parea vedere.




Il bosco, il museo e la curiosita' che in essi ci accompagna.

   Chissa' di cosa e' fatta la liberta' che sta dietro, davanti ed intorno alla curiosita'?

   Nel bosco si sa' e' l'ombra ed il fresco e nel museo le forme piu' comuni, cosi' simili alle nostre, ancora da scoprire per la prima volta, forse, ancora da ricondurre al presente dei propri gesti d'amicizia e d'amore.

   Il bosco viene da lontano come una statua greca, come la musica sia essa il canto degli uccelli o le note di una siringa al tempo di questo busto.

   Il bosco viene dal tempo delle foreste, qualunque sia la sua ampiezza, fosse anche un giardino, perche' e' come e' fatto che lo nomina, la sua densita', la sua massa, come quella scultura che porta la ragazza a guardare dove forse non ha ancora mai guardato.

   Le cose da scoprire di una vita si rivelano e tornano a portarci nel bosco dal quale non usciamo mai e dove ci ritroviamo ogni volta che non ci basta cio' che abbiamo davanti. Forse ci sospingiamo noi in esso. E' il bisogno di perdersi, di lasciarsi portare, come questa ragazza al Met si sta lasciando portare, libera di sentirsi al sicuro lasciandosi portare via.

   Un bisogno di scoperta, di entrare, ogni tanto, in allunisono con corde che vibrano diversamente dalla nostra voce, dai nostri gesti, dai nostri sguardi fino a quel momento, fino a quel momento, ogni volta, non piu' adeguati a seguire cio' che sta accadendo davanti: una luce diversa, un suono nuovo, un tepore piu' fine che ci nominano diversamente da come siamo stati abituati ad udire il nostro nome fino ad allora.

   Liberta' dell'ascolto e liberta' del seguirlo. Certamente c'e' un'eta' in cui la paura di spingersi oltremare va insieme alla gioia, quando ognuno dice: "Or è stagione di questa ... gio’ pigliare" (ognun riempia lo spazio vuoto delle proprie musiche), quando ognuno si addentra nel fosso, insegue una lucertola o tira da un lato i rami pendenti del salice, gia' liane, gia' avventura.

   Il bisogno ed il desiderio di entrare nel bosco, nel museo, delle forme che nascondono, aprono ad altre forme e quinte teatrali dove conoscersi e' l'avventura unica che tiene insieme tutta una vita.

   Il bosco non e' altro: Guido Cavalcanti, sarebbe proprio un errore non seguire alla lettera le sue parole, come anche, per la ragazza del museo, ascoltare solo cio' che le cuffie le stanno dicendo.

un forte rumore di radici .60

Le misure della chioma di un albero mi danno i grammi di azoto che tale albero puo' rendere assimilabile alle radici delle piante intorno: una sorta di gioco matematico di cui rendo partecipe il Bosco.


   1 albero di ontano (in latino Alnus ed in questo caso glutinosa) vale 100mq di approvvigionamento di azoto. Il valore dato e': 1 ontano=10g(azoto)/mq(metri quadri di estensione della chioma). Una chioma generica (raggio di 2,5m) e' di 20mq=200g(azoto). Il Bosco non necessita di terreno ad alta fertilita', gli basta un'approvvigionamento di 2g(azoto)/mq: 200g=100mq. Risultato: 8 Alnus glutinosa riescono a fissare azoto per 800mq. Felici le piante intorno.


   Perche' poi si consideri l'estensione della chioma, se tutto questo avviene sotto terra nella regione delle radici dove si formano i noduli dei batteri azotofissatori, dipende dal fatto che le radici mediamente hanno uno sviluppo tale quale l'ampiezza (in mq) della chioma dell'albero. Occorre rispolverare il buon vecchio pi greco (3,14).

   ...

   Poter portare sul foglio di carta cose che esulano totalmente dal disegno e l'esperienza estetica che esso veicola e scoprire che quanto sopra mi sposta un po' piu' a destra la Parrotia persica ed anche il Morus nigra. Un calcolo mi sta ridisegnando il Bosco, non una suggestione formale, non un ricordo d'ombra, di umidita' ed esso acquista autosufficienza, quasi almeno, si muove un po', tutti gli alberi si muovono, ciascuno a modo suo, si aggiustano assestandosi davanti a me nella loro posizione piu' consona, in silenzio con il loro forte rumore di radici e fronde e torsione di tronchi. E poi, lentamente, si fermano, mi guardano ed uno di loro mi dice: "Hai capito?!".

   Era calcolo quello di Schonberg che diceva al suo allievo Webern: "Guarda le nuvole.", il calcolo che prende delle forme davanti a noi, in cui noi troviamo un senso inatteso ed e' la suggestione delle cose che non dipendono dal nostro linguaggio e che si articolano secondo una propria necessita' per poi apparirci ricche come mai avremmo potute immaginarle.

the brave gardener .59

Si, certo: potare ad altezza di 50-60cm gli alberi di un anno appena piantati per incoraggiarne la crescita laterale dalla base cosi' che la siepe selvatica sia densa fin da terra ... e chi ne ha il coraggio?! Il giardiniere deve essere coraggioso.

verso l'autunno .58

Pollini suonera' Mozart il 23 Settembre, portando a Ferrara il concerto in Sol maggiore K453. Il Sol ritorna ed evidentemente e' la nota che preferisco, un po' autunnale, morbida. Pollini poi non suona spesso Mozart, come se volesse tenerlo per un tempo piu avanti negli anni, piu' semplice (il tempo, non il suono). Ed allora questi sguardi oltre la siepe fino all'Adagio di tutta una vita, come nessun altro e' mai riuscito a comporre - alcune battute, per sempre e poi via si torna di nuovo a scherzare - non riesco proprio a perdermeli.

   Il 23 e' anche il giorno in cui entriamo tutti nell'autunno e, per quanto ne sappia, la terra che gira proprio mentre le note si sollevano da lei, mi fa proprio felice e penso alla zucca cotta nei forni della citta', poche ore dopo il concerto, gia' in autunno.

polline .57

I disegni di Montale sono fatti con il caffe', il rossetto e la matita. Uno mi piace molto. C'e' una mucca che pascola. C'e' una torre e ci sono degli alberi. Nuvole. Uccelli ed il suo nome. La luna a destra.

   Deve essere al tramonto quando la luna ha ancora gli uccelli davanti, la goccia di caffe' dal dito tocca il foglio e si espande per poi asciugarsi piu' e meno color del caffe'. Il rossetto poi contorna una nuvola, quella piu' rosa.

   Montale pittore come colui che gioca con il caffe'. Anche la torre e la mucca sono colorate con il rossetto ora che guardo meglio. La luna e' marcata molto, fatta di grafite, ma anche caffe', rossetto e due nuovi tratti di matita sul rosa. Si era cancellata quasi tra caffe' e rossetto e doveva disegnarla ancora. Un po' trema, non la mano: la luna non ha le punte chiuse, sono due curve, una che comprende l'altra, come la luna di Leopardi che era stata tremola e forse Montale non puo' dimenticarla.

   Il paesaggio e' tranquillo scendendo. Le fronde degli alberi si muovono al vento verso destra, mentre due gocce di caffe' segnano il foglio fino al bordo sinistro dove si fermano fondendosi al generale sfondo del cielo che e' diventato un pasticcio gia' da prima, quando ha piegato il foglio per farlo asciugare meglio, se no e' troppo il tempo da aspettare prima che il caffe' si asciughi. Io, ad esempio, lo asciugo con un tovagliolino di carta strappato cosi che' il suo bordo diventi piu' assorbente, una, due volte e soffio.

   Per raccogliere il polline dai fiori ed impollinare una varieta' diversa di una stessa specie si usa una striscetta di carta strappata: il bordo tocca le antere del fiore e ne raccoglie il polline e poi passa sullo stigma di un altro fiore.

domenica mattina, soft .56

Attraversando un prato per il cammino piu' facile, la terra si compatta e l'erba si fa rada, le particelle di argilla, limo e sabbia tenute insieme dall'acqua in briciole piu' grandi e piu' piccole, tra cui l'aria passava e l'acqua pure, vengono premute tra di loro chiudendosi cosi' gli spazi vuoti. L'acqua e l'aria non passano allora piu'. Ed allora il campo ha un segno in piu': il cammino desiderato, il desired path... che soffice la parola path e buffo che venga assegnata alla parte piu' dura di un bosco che e' tutto soffice e poi... nella lingua piu' onomatopeica che ci sia!

   Le vie che le persone desiderano sono sempre dirette e non seguono gli spigoli o meglio li ammorbidiscono, li affidano all'uso. Affidare all'uso un giardino significa forse affidarlo alle piante che scelgano un percorso preferito in cui muoversi libere di disegnare il giardino. 

   Significa lasciare il vuoto necessario al movimento cosi' che un invito, un'opportunita', siano tesi a, ed incontrino il desiderio, il bisogno, la necessita' di una pianta, che non potremmo mai chiedere o sapere prima... come noi.

   In 5 anni si puo' vedere il disegnarsi di un carattere tutto proprio di questo dialogo. E' il Bello come lo si immagina solo dopo averlo visto, per affezione o dopo averne udito la descrizione da qualcuno, dopo averne ascoltato la spiegazione, per fiducia.

   Si tratta allora di far provare il gusto di questo paesaggio, divulgare le sue forme ed accostargli un nome onomatopeico che sappia descrivere tutto l'arco dell'apertura mentale della somiglianza che esso racchiude tra la forma fisica di piccolo paesaggio urbano e l'esigenza di un'ecologia che preme di farsi ascoltare, parola che passi di voce in voce e fra uno, due decenni divenga il modo di fare giardini pubblici in citta'. Giardini un po' piu' simili alla vita delle persone, un po' piu' morbidi.

VUD like wood like wouldlike .55


Devio dal giardino ed arrivo in cucina, con il mio amico Filippo dal suo laboratorio di falegnameria e design di Trieste chiamato VUD come legno, come i taglieri che scolpisce per il pane formaggio salame. E questo e' il tagliere comprato sulle rive della Miljacka, a Sarajevo nel 1996, a Luglio. Era un signore 80enne che vendeva utensili da cucina fatti da lui. L'ho pagato due marchi. Sono arrivato al giardino a partire da quel vetro fatto cadere davanti ed ai viaggi da ragazzo che viaggia e che non fa fotografie perche' le fara' quando sara' pronto, oltre lo spettacolo di cio' che e' accaduto davanti. Sono contento che il mio amico Filippo faccia taglieri per il taglio del pane formaggi salami.

chiara sabbia .54

Le piante del Bosco verranno dal vivaio padovano Guagno con sede anche a Comacchio... Comacchio...

   Valli della Pianura Padana a 50km da Ferrara, verso il mare, un posto isolato come il suo dialetto che immaginiamo venire dall'acqua, dove l'agricoltura si arresta rispettosa davanti ad un muro di luce diafana dal quale comincia un medioevo vallivo di aironi cenerini, fenicotteri rosa, anguille e ristoranti che le fanno alla brace nel fumo e l'abbazia di Pomposa tenuta in piedi da ciotoline di terracotta tra i mattoni a decorare l'aria e specchiare il mare, piu' in la', dopo aver superato il breve tratto delle dune fossili di Massenzatica, dove il vento ha mosso la sabbia alta fino a 7m con i suoi semi spontanei e, sulla strada, il Bosco della Mesola, le viti dei vini delle sabbie, imbevibili per alcuni, cosi' buoni con la Salamina da sugo...

   Come quelle che disegnavano il bordo adriatico quando il mare era piu' vicino ed il vento entrava prima a portare i semi sulle dune in primavera e, superandole sulla pianura, arrivava alla citta' tra i mattoni in spigolo del campanile di San Giorgio, anche. Un po' di sabbia nel risvolto dei pantaloni, sul vetro della Polo. Teodorico voleva guardare il mare per sempre dal suo mausoleo, una volta lasciata la spiaggia e Brassens voleva una montagnola di sabbia, tra mare e cielo sulla spiaggia di Se'te, per fornire un paravento alle ragazze quando avrebbero voluto cambiarsi il costume (sic).

   "100% sabbia, terreno percolante, arido"... a me non sembra.

otto e mezzo .52

Quando sono arrivato a Londra mi e' venuta voglia di diventare una rock star. Piet Oudolf al curatore del Garden Museum che gli chiede quale musica voglia al suo entrare in sala conferenze, un giorno di due anni fa, dice: "...Vorrei i Cure.": si chiudeva in quei mesi il mio percorso formativo di garden designer. Ed iniziava il mio percorso da solo.

   Qualcosa e' cambiato rispetto al pubblico che anima il Garden Museum cui Bach e Mozart erano stati fino ad allora assegnati. Si sa, l'istituzione e' li', cosi', perche' attende di essere sorpresa, quasi attenda di essere presa per mano laddove mai da sola si avventurerebbe. Qualcosa e' cambiato rispetto al fare i giardini, dunque.

   In quell'occasione il giardino accoglieva, in un paese apparentemente all'avanguardia come l'Inghilterra, il meglio delle ricerche olandesi: un gruppo di amici si incontrano e ragionano su come rendere piu' sostenibili gli spazi verdi delle citta', attraversano gli anni '80 e dopo qualche esperimento ben riuscito, ricevono il nome -alle loro orecchie un po' imbarazzante- di New Perennial Wave e si affermano come alcuni dei piu' influenti pensatori del giardino semi-naturalistico il cui simbolo puo' essere rintracciato (semplificando, ma e' troppo bella per non diventare tale) la High Line di New York.

   Gli anfibi senza lacci di Oudolf sono olandesi e la scuola di design olandese, come anche la moglie di Oudolf, sono modelle. Non ci si puo' fare niente, dai tappeti antichi e bellissimi davanti ad un camino cinquecentesco sembra che non nasca poi granche'... ed il rock, si sa', e' seducente... Christopher Lloyd era rock, piu' di cosi', nella sua casa dove i tappeti antichi e bellissimi erano volati via in giardino colorandolo come mai quel ceto sociale inglese aveva visto e avrebbe voluto vedere! Caro il vecchietto del giardino inglese che non si staccava mai da sua madre ed e' diventato il piu' dissacrante e libero giardiniere inglese.

   Si incontrano in questo giardino un'urgenza ambientalista ed un'urgenza estetica che insieme hanno bisogno di scuotere cio' che e' stata chiamata la "... soft pornography..." dell'approccio tradizionale al fiore, per aprire la progettazione degli spazi vegetali a cio' che la vita del fiore restituisce alla nostra vita: il tempo. La giovinezza sfugge... e chi se ne infischia! Noi siamo la vita, qualcosa di molto, ma molto piu' esteso, che piu' lo si guarda piu' diventa grande, espandendosi a tal punto che deve essere condiviso... Mi piace immaginare che questo sia l'afflato che muoveva e muove quegli amici.

   Le piante muoiono e noi le guardiamo: i giardinieri di un certo tipo tagliano gli steli secchi, i giardinieri di un altro tipo mantengono gli steli e le corolle dei fiori, perche' le  infinite sfumature di marrone, nero, rosso, grigio, argento con i loro semi, insetti ed uccelli dalle infinite sfumature di marrone, nero, rosso, grigio, argento... non sono cose morte: il fiore, insieme al nostro paesaggio, viene restituito alla vita e dura. Un fiore e' paesaggio ed il paesaggio e' l'immaginazione intorno ad un luogo fisico, che di fisico perde immediatamente le coordinate non appena vi ci ritroviamo dentro, per diventare, appunto, quel paesaggio: paesaggio tout court. Come puo' finire, essere interrotto? Non e' ne' materialmente, ne' immaginificamente possibile.

   Si tratta di aprirsi un poco di piu' a cio' che fa paura, cio' che sembra sporco e non curato, cio' che scuro ed opaco comincia all'ombra di un albero o di un muro, anziche' quel brillante, nuovo, fresco che era stato due mesi prima... ma allora, mettiamoci d'accordo: forse che dei guanti di velluto grigio sono fuori luogo? Ed una cravatta arancio scuro? E si' che perdere l'occasione di associare il blu al marrone, al nero, al giallo ed all'azzurro e' costata ai paesi che non hanno avuto un Paul Smith la perdita di un business da miliardi, che avrebbe fatto bene al paese intero, oltre che al senso di cio' che puo' essere bello dietro l'angolo. Ancora il Rock, erano quelli gli anni.

   Si tratta allora di estendere l'abitudine dello sguardo alla nostra capacita' di scoprire il bello ovunque. Tanto piu' che in giardino il Bello risiede nella sua propria casa, in quel dove in cui dimora anche il Giusto, la' dove gli esseri viventi trovano nutrimento anche l'inverno e la vita il suo ciclo completo.

   Un tempo, la sostituzione stagionale dei fiori dalle aiuole si accompagnava alla sostituzione stagionale degli uomini dalle citta' e dai villaggi da spedire soldati. Le cartoline dei giardini dell'epoca vittoriana mi fanno venire i brividi, non riesco a non pensarci. Certo siamo altrove, ed allora si puo' migliorare. La conquista selettiva e riduttiva di un'immagine di se stessi sempre performante nella quale rispecchiarsi anche d'inverno con il giardino asettico ed il vuoto spinto creato tra pianta e pianta e ramo e ramo, senza alcun suono, a me non piace. Quando il paesaggio e' il tepore della casa che si riflette nel giardino e si puo' amare da fermi un paesaggio che si assopisce e rende i suoi colori e le sue possibili offerte a chi non necessita altro che qualche seme di cui nutrirsi tra i fiocchi di neve, allora sono in giardino.

   Si', l'Italia dei giardini e' indietro perche' in tutta la sua bellezza ha ancora bisogno di mandare al piano superiore le bellezze sfiorite, perche' la bellezza cambia, e' vero e, se vuoi, anche sfiorisce -dopo la sincerita' di 8 1/2 non c'e' piu' la paura ne' l'ipocrisia su queste cose- ma nel frattempo si cresce e si scopre che non si puo' piu' fare a meno del cambiamento in atto e delle sfumature che accompagnano la durata.

   Crescita, disponibilita': tutte conquiste estetiche. Il "percorso da solo" non puo' inventarsi la bellezza, altrimenti perde l'equilibrio, perde la rotta. Puo' soltanto incontrarla, lasciarsi guidare -perche' c'e' gia' tutto, occorre soltanto non escluderlo a priori- senza astrarsi da cio' che esiste intorno, senza escludere le cose che esistono intorno e come queste si tengono insieme nello stesso paesaggio, come queste sfilano insieme sulla stessa passerella, tutte insieme. Ed il film puo' cominciare.

"garden me" / A writing about a wished frontier for the natural gardening

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Ecological Planting Design

Ecological Planting Design

Drifts / Fillers (Matrix) / Natural Dispersion / Intermingling with accents/ Successional Planting / Self seeding
What do these words mean? Some principles of ecological planting design. (from the book: "A New Naturalism" by C. Heatherington, J. Sargeant, Packard Publishing, Chichester)
Selection of the right plants for the specific site.
Real structural plants marked down into the Planting Plan. The other plants put randomly into the matrix: No. of plants per msq of the grid, randomly intermingling (even tall plants). Succession through the year.
Complete perennial weed control.
High planting density. Close planting allows the plants to quickly form a covering to shade out weeds.
Use perennials and grasses creating planting specifications that can be placed almost randomly.
Matrix: layers (successional planting for seasonal interest) of vegetation that make up un intermingling (random-scattering) planting scheme: below the surface, the mat forming plants happy in semi-shade, and the layer of sun-loving perennials.
Plants are placed completely randomly: planting individual plants, groups of two, or grouping plants to give the impression of their having dispersed naturally. Even more with the use of individual emergent plants (singletons) that do not self-seed, dispersed through the planting.
An intricate matrix of small plants underscores simple combinations of larger perennials placed randomly in twos or threes giving the illusion of having seeded from a larger group.
The dispersion effect is maintained and enhanced by the natural rhythm of the grasses that give consistency to the design. They flow round the garden while the taller perennials form visual anchors.
Allow self-seeding (dynamism) using a competitive static plant to prevent self-seeders from taking over: Aruncus to control self-seeding Angelica.
Sustainable plant communities based on selection (plants chosen for their suitability to the soil conditions and matched for their competitiveness) and proportions (balance ephemeral plants with static forms and combinations such as clumpforming perennials that do not need dividing: 20% ephemeral, self-seeding plants, 80% static plants) of the different species, dependent on their flowering season (a smaller numbers of early-flowering perennials, from woodland edges, which will emerge to give a carpet of green in the spring and will be happy in semi-shade later in the year, followed by a larger proportion of the taller-growing perennials which keep their form and seed-heads into the autumn and the winter).
Year-round interest and a naturalistic intermingling of plant forms.
Ecological compatibility in terms of plants suitability to the site and plants competitive ability to mach each other.
Working with seed mixes and randomly planted mixtures.
Perennials laid out in clumps and Stipa tenuissima dotted in the gaps. Over the time the grass forms drifts around the more static perennials and shrublike planting while the verbascum and kniphofia disperse naturally throughout the steppe.
Accents: Select strong, long lasting vertical forms with a good winter seed-heads. Select plants that will not self-seed, unless a natural dispersion model is required.
Planes: if designing a monoculture or with a limited palette, more competitive plants may be selected to prevent seeding of other plants into the group.
Drifts: to create drifts of naturalistic planting that are static in their shape over time use not-naturalizing, not self-seeding, not running plants.
Create naturalistic blocks for the seeding plants to drift around. For the static forms select plants that do not allow the ephemerals to seed into them.
Blocks: use not-naturalizing species, in high densities, in large groups.
Select compatible plants of similar competitiveness to allow for high-density planting (to enable planting at high density in small gardens).
Achieve rhythm by repeating colours and forms over a large-scale planting.