Quercus avium .51

Le foglie di quercia che si sono seccate (quelle che aprivano lo scritto .43) hanno un profumo di ciliegia. Una fragranza di resina che si fa piu' dolce per dare nome ad una nuova specie arborea nella famiglia delle Fagacee, la Quercus avium proveniente dall'impollinazione avvenuta tra la Quercus robur ed il Prunus avium, tra una quercia ed un ciliegio, in tempi sospetti di mutamento climatico.

   ... Chissa' quante volte da studente e da professore il buon Carolus Linnaeus si e' divertito nel nominare per gioco una pianta in base a criteri che, slittando agili sul brillante schema binomiale, si reinventavano di volta in volta, aprendo a sempre nuove possibili classificazioni.

   Innocenti combinazioni dei nomi in base al profumo o al colore o, perche' no', al momento del giorno ed a quanto era buono il pollo mangiato a pranzo prima della lezione pomeridiana... cosi', da provare lo spirito degli studenti, ridere un poco e metterli all'erta sulla necessita' di astuzia e rigore nello spirito dell'osservazione scientifica.

   L'invenzione dei mostri Basilischi, nati dall'immaginazione e dalla combinazione di parti anatomiche di diversi animali per disturbare i sonni ed inventare pozioni magiche che da essi potevano derivare, era l'altro aspetto delle possibili invenzioni, quelle senza ironia, quelle che strumentalizzavano l'ignoranza e costruivano il sistema della paura. Proprio quell'ignoranza che il buon Carolus Linnaeus sconfiggeva con il suo chiaro sistema di nomenclatura botanica.

   Molti anni piu' tardi un grande storico dell'architettura Manfredo Tafuri, mio professore meraviglioso a Venezia, racconto' di aver fatto uno scherzo agli studenti di Harvard. Dopo aver programmato una visita al Seagram Building, il grattacelo di Mies van der Rohe a New York, porto' gli studenti davanti ad un banale grattacielo. Un'ora dopo che gli studenti avevano dedicato il loro tempo ed attenzione alle fotografie ed ai disegni il caro professore rese loro noto che il Seagram Building era l'edificio accanto.

   Solo il vuoto davanti alla torre di bronzo, con il suo schiaffo al mercato del suolo ed il cielo aperto a render sacro lo spazio davanti all'ultima colonna della storia dell'architettura, poteva dimostrare la verita' dell'edificio, ma se il maestro non fosse stato cosi' crudele con gli studenti, quel vuoto sarebbe rimasto inascoltato.

   D'altronde e' noto che le ciliege della Quercus avium vengono mangiate dai basilischi che ne sono ghiotti nonostante ogni volta il nocciolo li trasformi in ghiande. Il tutto in modo cosi' rapido che a non bene osservare non ce ne si accorge ed a terra rimangono solo le ghiande cosi' che le persone che passano di li' credono che quelle siano i frutti delle Quercus robur.

   Eh gia'.

m'ama, non m'ama, .50

Nel terreno del futuro Bosco c'e' l'acqua... lo si sapeva visto il canale di fianco, ma prendere acqua dal canale azionando una pompa a benzina con un tubo che doveva passare per una pista ciclabile francamente mi sembrava piuttosto complicato e l'avventurosa sommatoria: acqua+secchio+carrucola+ponte sul canale poteva essere gioiosa nell'entusiasmo dei primi 10 minuti, ma se 3500mq non sono tanti, non credo di pensare la stessa cosa per i 1000 secchi d'acqua al giorno e soprattutto sembrano tutti molto gentili nell'informarmi al telefono della possibilita' di un allaccio alla rete idrica urbana!

   Prima della telefonata all'ufficio competente un'opzione alternativa si era presentata alla mente: il bosco poteva diventare un giardino come il Phoenix Garden del mio amico Chris a Covent Garden, un giardino senza l'acqua, un dry garden ovvero un francobollo direttamente da Marte spedito nella Pianura Padana... davvero intelligente, un giardino di piante senza necessita' d'acqua: si tolgono le amate erbacce, si aggiunge sabbia rotonda di fiume (senza spigoli come invece sarebbe quella di cava) per circa meta' della quantita' dei primi 20cm di terra (che per 3500mq sono 700mc), cosi' che l'acqua scorra rapida nello strato in cui la terra e' piu' protetta dalla forza evaporante del calore solare e le radici corrano a cercare l'acqua in profondita' senza preferire le facili diramazioni superficiali... insomma, tutto cio' che si legge nel bel libro di Olivier Filippi "The dry gardening handbook" che Chris mi ha suggerito tra i suoi vari consigli.

   Ci penso, certo che ci penso. Mi incanta l'idea, un giardino pioniere, un giardino intelligente, un esempio e monito di un clima che cambia con assoluta evidenza. Si', gia', ma un bosco, anzi il Bosco?! No, non riesco a resistere al bosco. Forse alla sua frescura. Preferisco la sensazione di ristoro all'intelligente dialogo con il calore che ci obblighera' negli anni a venire a mutare il nostro modo di immaginare il paesaggio.

   E' una questione estetica: preferisco passeggiare in un bosco usando l'acqua per crearlo, piuttosto che godere al piacere intellettuale di creare un giardino secco usando molta meno acqua. E' vero... c'e' una soglia sulla quale nel lungo tempo i due luoghi si incontrano: dopo alcuni anni, sia il bosco che il dry garden diventano (quasi) autonomi rispetto all'irrigazione artificiale e questa e' la soglia anche della mia contentezza. Vince dunque il bosco.

   Confesso che nella mia immaginazione il Bosco, gia' da un po', fa capolino come prato di fiori selvatici al seguito di ruspe atte ad impoverire il terreno sottraendone i primi fertili 20cm di strato superficiale cui e' sempre legata l'alta competizione di alcune erbacce rispetto alla delicatezza dei fiori selvatici... Ed una porzione di prateria di erbacee perenni e graminacee?! ... Lo sapevo...

   "Garden me" significa anche l'auspicio che il giardino guidi la noce sulla quale il giardiniere naviga, che metta un freno, un albero, una pianta, un sasso intorno al quale, come un giapponese, cominciare, altrimenti trovero' una margherita da sfogliare finche' il m'ama non segni il Nord.

Sparta, Scotland, UK .49

Perche' Little Sparta, il giardino di Ian Hamilton Finlay, mi porta via con se'?

   Me lo sono domandato piu' volte o meglio ogni volta mi perdevo in quel libro che lo ritraeva in splendide foto alla libreria Foyles, mai comprato perche' gia' mio. Si', questo appartenermi come l'avessi voluto fare io quel giardino scritto sopra le pietre.

   A tenermi legato ad esso non e' la ragione che scorre nelle fibre del giardino stesso, a detta del suo giardiniere: "Una dichiarazione di guerra al Presente", non solo almeno, piuttosto e' la sensazione di ritrovare ogni volta casa e ripartire. Le frasi scolpite su spesse lastre di pietra calcate nell'erba, simili a lastricati romani, sembrano poggiare sull'erba, lasciare il supporto, senza piu' pietra, cosi', parole con l'erba intorno, simili ad uno sguardo che abbia conosciuto e poi disinnescato la malinconia, piu' preciso.

   Credo di immaginare queste pietre come il racconto a memoria di storie che ci accomunano, racconti dei valori in cui si articola la convivenza del presente, fibra di un paesaggio comune che pur necessita traduzione, descrizione ed allora cerca i propri supporti in cui dire: "Passo la parola". Lo sguardo segue la collina o si riposa all'ombra e la descrizione di cio' che avviene dentro viene a galla, passa per la mano e si stampa da qualche parte facendosi unico con quel paesaggio. Racconta questa storia comune che non puo' fare a meno di passare per le figure note della cultura classica e dei simboli del mondo contemporaneo ed allora ci sono granate di pietra al posto degli ananassi sugli stipiti delle porte d'accesso, soltanto simili e forse ancora piu' dure.

   Come disinnescarle, come curare la piega della collina e l'ombra, qual e' il modo per non farci distrarre dal giardino romantico ed essere veramente romantici, precisi, armati di ananassi da maneggiare con cura, astuti, ironici, da passare di mano in mano, dal giardiniere Jan Hamilton Finlay a colui che sfoglia le pagine in libreria?

   Alla libreria Foyles c'e' un caffe' e nel caffe' c'e' un apple crumble che e' piu' buono di quello della pasticceria Bertaux. Il barista svedese mi faceva sempre lo sconto dandomi fette piu' grandi degli altri, organizzava nella sua citta' un festival di giovani artisti sconosciuti raccogliendo fondi dalle imprese sponsor piu' importanti di Svezia; la barista, inglese, non faceva lo sconto ed era molto bella; l'altro barista, italiano, aveva studiato alla SOAS cinema cinese e mi ha insegnato a fare la torta al limone. Nel frattempo gruppi suonavano jazz nel programma organizzato da un ragazzo sardo innamorato di una cinese che sapeva bene l'Italiano. Fuori, Soho e la pasticceria Bertaux, con la sua cioccolata e il tea, le teiere rotte ed un poco sporche, servite a due alla volta perche' una era per l'acqua calda da aggiungere a quella con le foglioline. E' li' che Jonsi ed Alex, un giorno, hanno presentato un disco ed i loro disegni. Questo e' il modo.

giardinare .48


Un circo in fil di ferro di Calder come a fil di ferro erano i disegni di Francesco di Giorgio Martini: gli angoli senza spessore murario fanno slittare le aperture in facciata piu' a destra o a sinistra senza preoccuparsi della simmetria o... facendola fluttuare! Si tratta di una precisione nuova, quella che libera e da vita al moto trattenendone la linea di caduta. Poco importa, anche l'architettura gia' si muove non appena realizzata, impossibile trattenerla, figurarsi un circo o un giardino. Da seguire allora, soltanto seguire.

   Da miglior studente di meccanica Calder sembra avere la stessa precisione e dei suoi circensi, che saltano incontrandosi a mezzo volo per tenersi per mano, rimane la sospensione e risata degli spettatori.

   Il coniugarsi di caduta e stupore si accorda al giardino dove il lavoro "per" il giardino e' una sorta di giardino. Mi piace il termine inglese: gardening, che derivando da garden potrebbe rendersi in italiano con "giardinare": I garden, you garden, io giardino, tu giardini, egli giardina e cosi' via fino all'identificazione dell'azione con la sua stessa materia, oggetto e fine.

   Come visitare un giardino e non apprezzare le azioni che lo trasformano mantenendolo costantemente tale? Le stagioni simili del giardino e della nostra vita?

   Nella prefazione all'ultimo libro di Piet Oudolf si dice che il maestro olandese ha restituito i fiori alla loro vita e noi alla nostra, riportandoci sulla strada che ci restituisce alle stagioni delle piante ed a quelle della nostra vita. Solo stupore davanti ai marron dell'autunno ed i fiocchi di neve sulle corolle prive di vita: non ci sono piu' i fiori, sono diventati un'altra cosa e qualcosa d'altro comincia piu' vicino a noi, piu' simile al nostro assomiliare al loro scorrere, fluttuare e ritornare.

   E' una precisione di paesaggio nuova, presa in prestito dal paesaggio semi naturale delle praterie e degli spigoli assolati lungo le strade cittadine.

sassi .47

Il piccone contro la parete, una volta ed un’altra, il sasso e’ tenero e la luce entra nel sasso. Piu’ a destra, tracce lunghe e poco profonde dove il piccone si e’ fermato, chissa’ perche’, dove non passera’ la luce. “… Quando non avevano niente da fare scavavano un’altra camera!”.

   Sua moglie non vuole che vada a prendere i fichi ed io l’ho incontrato sotto un fico, svegliandomi all’alba sul torrente Gravina: “… Non ti preoccupare, lo conosco bene, tu stai indietro, mi raccomando”. Raccolgo i “fichi facili” e li metto nella sportina. Che buoni i fichi bianchi.

   I Sassi di Matera si svegliano la mattina umidi tra i fichi caramellati lasciati dagli uccellini sul Ficus carica: gli alberi da frutta sono femminili perche’ danno frutti. “Che belli questi alberi cresciuti spontanei”… “No, li abbiamo piantati noi, cosi’ almeno c’era qualcosa da mangiare”. 87 anni fa altri piantarono un albero di fichi e dopo qualche anno il mio nuovo amico Saverio poteva raccoglierli.

   Sua moglie lo attende entro le 9, siamo allora rapidi nel superare il muretto di cinta dal burrone e raggiungiamo gli alberi cresciuti piu’ in la’. Ombra luce ombra ombra luce, so che Saverio guarda dove metto i piedi mentre entro nelle dimore abbandonate: la cucina, il forno, il letto e la luce che non faceva in tempo a svegliarlo quando lavorava come piccolo muratore. Lui raccoglie i fichi da prima che io nascessi ed io entro nelle sue case dove non abita nessuno. Sospeso sta tutto. Luce ombra luce, il piccone che si ferma, un fuoco acceso tante volte all’angolo del camino ed un bambino che esce dalla porta per cercare nuovi amici che lo stanno attendendo… basta solo che si alzi presto la mattina all’alba sul torrente Gravina… macchie verdi che mi attraggono ed una figura di rami e foglie ed allora, come sempre, mi fermo, lo guardo e guardo il cielo il monte e le prime ombre nel tufo dei picconi che non si sono fermati.

   “Buongiorno” allora ed allora un fico in regalo e: “Vieni con me”, dove non sono mai stato neppure in sogno, sogno che si apre al giorno, non meno vero. Occhi blu e le mani fatte di pietra come quelle delicatissime di ragazze danzanti sulla spiaggia di Picasso, fatte per raccogliere i fichi da offrire ad altre mani un po’ addormentate.

   Lo seguo e conosco i pensieri di sua moglie che e’ a casa e senza nome osserva da qualche anno preoccupata e conosco il 1943 che non dava lavoro come muratore e gli occhi sorridenti fermi contenti.

   Torniamo. Arrivederci. La stretta di mano e tutto si fa BIANCO. La sportina nella mano accarezzata dalla pietra, la mano diventata per un po’ di pietra, danzante per un po’, un po’ di piu’. Brilla e tremola tutto davanti, sulla superficie degli occhi, per un istante di ritorno al giorno. Poi, tepore.

   Sua moglie lo sgridera’, sono oltre le 9… cosa farebbe un uomo senza una moglie che lo sgridi per aver scavalcato il muretto ed essere volato via, oltre il burrone, attraverso, con le rondini sfiorata l’acqua del torrente, tra i rami e le foglie degli alberi bassi a raccogliere i fichi “… che gli uccellini hanno lasciato… d’altra parte e’ proprieta’ loro”.

Oh mon empire d’homme

terra acqua foglio 40% nel giusto ordine per il mio amico Giorgio .46

Ora la terra e' nei vasi delle piante di casa, ma e' anche sul foglio, cosi' come nel bicchiere d'acqua che mi serviva per separare le sue componenti.

   Sabbia, limo ed argilla, meravigliosa questa, la piu' leggera, che si separa e scende lenta ad appoggiarsi al limo: cosi' ho studiato la composizione del terreno del futuro Bosco.

   Una palla di terra si e' formata bagnando il terreno raccolto nel campo. Curvato in un serpentello mi avrebbe indicato la presenza di una buona quantita' di limo ed argilla, poi, la sua eventuale chiusura ad anello mi avrebbe detto che l'assorbimento dell'acqua sarebbe stato non cosi' rapido da perdere i minerali di cui le piante necessitano. Insomma una buona terra per il progetto immaginato (lo so, avrei dovuto verificarlo prima e poi immaginare il Bosco: jolie surprise, dunque).

   40% sabbia (drenante), 40% limo (nutrimento trattenuto), 20% argilla (ulteriore nutrimento trattenuto, senza che il terreno sia difficile da lavorare). Ho ovviamente disegnato con le dita.

   Percentuali relative che oscillano e possibili giardini, possibili paesaggi che si moltiplicano nella combinazione delle particelle di sabbia, limo ed argilla. E' alchimia, si', come Richard Long che, con i guanti da cucina per non troppo perdere il contatto, disegna sul muro di 10 metri per 7 metri le impronte delle mani di colore terra, uguale al colore terra di ogni altro luogo, cosi' che la prima grotta dell'uomo si espande fino al cielo di luce ed ancora luce e non paura e buio in cui sapersi a partire dall'impronta della mano.

   Cosi' il tempo presente si rintraccia nel tempo identico della ricerca e del gioco in cui sappiamo ritrovare il nostro profilo. Pasticciando, pastrocchiando.

   Una volta un amico era in spiaggia con un amico. Scavavano architetture fatte di bastoni e costruivano buche nella sabbia. Una signora si ferma, li guarda e lancia un: "Ma che cosa state facendo?" e l'amico risponde: "Gentile signora, ha mai sentito la parola giuocare?!".

"garden me" / A writing about a wished frontier for the natural gardening

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Ecological Planting Design

Ecological Planting Design

Drifts / Fillers (Matrix) / Natural Dispersion / Intermingling with accents/ Successional Planting / Self seeding
What do these words mean? Some principles of ecological planting design. (from the book: "A New Naturalism" by C. Heatherington, J. Sargeant, Packard Publishing, Chichester)
Selection of the right plants for the specific site.
Real structural plants marked down into the Planting Plan. The other plants put randomly into the matrix: No. of plants per msq of the grid, randomly intermingling (even tall plants). Succession through the year.
Complete perennial weed control.
High planting density. Close planting allows the plants to quickly form a covering to shade out weeds.
Use perennials and grasses creating planting specifications that can be placed almost randomly.
Matrix: layers (successional planting for seasonal interest) of vegetation that make up un intermingling (random-scattering) planting scheme: below the surface, the mat forming plants happy in semi-shade, and the layer of sun-loving perennials.
Plants are placed completely randomly: planting individual plants, groups of two, or grouping plants to give the impression of their having dispersed naturally. Even more with the use of individual emergent plants (singletons) that do not self-seed, dispersed through the planting.
An intricate matrix of small plants underscores simple combinations of larger perennials placed randomly in twos or threes giving the illusion of having seeded from a larger group.
The dispersion effect is maintained and enhanced by the natural rhythm of the grasses that give consistency to the design. They flow round the garden while the taller perennials form visual anchors.
Allow self-seeding (dynamism) using a competitive static plant to prevent self-seeders from taking over: Aruncus to control self-seeding Angelica.
Sustainable plant communities based on selection (plants chosen for their suitability to the soil conditions and matched for their competitiveness) and proportions (balance ephemeral plants with static forms and combinations such as clumpforming perennials that do not need dividing: 20% ephemeral, self-seeding plants, 80% static plants) of the different species, dependent on their flowering season (a smaller numbers of early-flowering perennials, from woodland edges, which will emerge to give a carpet of green in the spring and will be happy in semi-shade later in the year, followed by a larger proportion of the taller-growing perennials which keep their form and seed-heads into the autumn and the winter).
Year-round interest and a naturalistic intermingling of plant forms.
Ecological compatibility in terms of plants suitability to the site and plants competitive ability to mach each other.
Working with seed mixes and randomly planted mixtures.
Perennials laid out in clumps and Stipa tenuissima dotted in the gaps. Over the time the grass forms drifts around the more static perennials and shrublike planting while the verbascum and kniphofia disperse naturally throughout the steppe.
Accents: Select strong, long lasting vertical forms with a good winter seed-heads. Select plants that will not self-seed, unless a natural dispersion model is required.
Planes: if designing a monoculture or with a limited palette, more competitive plants may be selected to prevent seeding of other plants into the group.
Drifts: to create drifts of naturalistic planting that are static in their shape over time use not-naturalizing, not self-seeding, not running plants.
Create naturalistic blocks for the seeding plants to drift around. For the static forms select plants that do not allow the ephemerals to seed into them.
Blocks: use not-naturalizing species, in high densities, in large groups.
Select compatible plants of similar competitiveness to allow for high-density planting (to enable planting at high density in small gardens).
Achieve rhythm by repeating colours and forms over a large-scale planting.